Certificazione per la Parità di Genere: cos’è e a cosa serve
Sostenibilità non significa unicamente avere attenzione per l’ambiente e l’impatto che persone e imprese hanno su esso. Si tratta di un concetto più complesso: riguarda il rapporto tra economia e società e si declina anche nella più ampia sostenibilità sociale, di cui la parità di genere è uno dei pilastri.
Non esiste infatti sostenibilità senza inclusione sociale, e viceversa. Come dimostrano anche gli obiettivi posti dal programma Next Generation Eu: la transizione ecologica necessita quella sociale.
Quinto degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU, l’inclusione ha una vera e propria corrispondenza con la competitività aziendale: le ultime ricerche mostrano che nelle aziende con la maggiore presenza femminile c’è maggiore sostenibilità economica.
Qual è il percorso da intraprendere per eliminare il gender gap e ottenere la certificazione per la parità di genere? Quali le motivazioni?
Gender Gap Index: a che punto siamo con l’inclusione
I dati diffusi dall’European Institute for Gender Equality nell’ultimo Rapporto sull’indice sull’uguaglianza di genere per il 2023 mostrano che l’uguaglianza tra uomini e donne nell’Unione europea migliora, ma molto lentamente: con 70,2 punti su 100, l’UE vede un miglioramento di 1,6 punti rispetto all’edizione precedente.
Dal 2010 l’Italia ha invece guadagnato 14,9 punti, il maggiore incremento in termini di punteggio complessivo tra tutti gli Stati membri, che le ha permesso di effettuare un’ascesa in classifica di ben otto posizioni. Dal 2020 il punteggio complessivo dell’Italia è aumentato di 3,2 punti salendo al 13º posto.
Tuttavia, le disuguaglianze di genere sono fortemente pronunciate nel dominio del lavoro (65,0 punti), in cui dal 2010 il paese occupa costantemente l’ultimo posto tra tutti gli Stati membri.
Quali iniziative, private e pubbliche, sono state introdotte? Come chiudere il divario ed aumentare la competitività aziendale, fidelizzando il personale?
Le ultime disposizioni della Strategia Nazionale hanno introdotto l’obbligo per le aziende di redigere un rapporto annuo sulle condizioni di parità di genere tra lavoratori e lavoratrici: il primo passo per accedere alla certificazione per la parità di genere.
Il bilancio del gender gap in Europa: come si calcola
Dal 2010, L’European Institute for Gender Equality, organismo autonomo dell’Unione Europea preposto a sostenere e rafforzare la promozione dell’uguaglianza e della parità, si occupa di misurare il gender gap.
Il rapporto analizza i settori chiave della nostra esistenza e le aree di esame coinvolte nella creazione dell’indice sono:
- lavoro
- denaro
- conoscenza
- tempo
- potere
- salute
- violenza
- disuguaglianze intersezionali
Gli esiti del rapporto raccontano una realtà tutt’altro che soddisfacente perché, nonostante gli sforzi pubblici e privati per ridurre il gender gap, questo esiste e ha un impatto significativo sulla vita delle donne in Europa. Se si considerano però gli sforzi che si sono fatti negli ultimi anni, sia in termini di investimenti che di risorse, i numeri ottenuti dimostrano che ci sono ampi margini di miglioramento, soprattutto nel momento in cui l’indicatore non soddisfa le aspettative.
Occupazione e lavoro in stand by: non migliora il gender pay gap
L’Indice evidenzia le aree di miglioramento, che per l’Italia si concentrano sul dominio del lavoro. Molto deve ancora esser fatto per colmare il gap: siamo a quota 65, punteggio inferiore alla media europea, dimostrando che all’Italia appartiene un basso livello di crescita.
Secondo gli ultimi dati ISTAT, nel 2022 l’occupazione femminile è tornata a crescere, superando il 51%, contro il 69% degli uomini. L’aumento del numero di donne entrate o rientrate a far parte nel mondo del lavoro è testimoniato anche dalla riduzione del tasso di disoccupazione, che si attesta al 9,5% per le donne e al 7% per gli uomini.
Se si guarda però al divario retributivo di genere complessivo (gender overall earnings gap), cioè la differenza tra il salario annuale medio percepito da donne e uomini, questo si stima per l’Italia al 43%, posizionando il Paese al quarto posto tra i divari più alti in Europa, dopo Paesi Bassi, Austria e Svizzera.
Più difficile è la situazione per le donne che sono anche madri: per loro la piena occupazione è malpagata o difficile da raggiungere. Questo implica che il tempo e le opportunità che non vengono concessi alle donne coincidano con il maggiore impegno delle stesse nel ruolo di Care Giver: l’81% delle donne si fa carico delle responsabilità di accudimento della famiglia, percentuale che per gli uomini è appena del 66%.
Perché misurare l’indice di uguaglianza? Qual è il suo scopo?
Il Gender Equality Index intende fornire ai governanti dei Paesi membri uno strumento, vuole essere una bussola e indicare la rotta per ridurre le disuguaglianze di genere e gli impatti che un sistema basato sulla diseguaglianza ha sul medio e lungo termine.
Per intervenire sulle disparità effettive nel trattamento tra i generi bisogna riformare in modo strutturale il sistema di welfare e di investimenti, permettendo alle donne di perseguire gli stessi obiettivi degli uomini in una dinamica di equa competizione ed uguali responsabilità e riconoscimento.
Il sistema di certificazione: cosa prevede la normativa italiana
Per ottenere una vera parità di genere occorre un cambiamento sociale profondo ed è in questo contesto che il Governo italiano ha deciso la redazione della Strategia Nazionale. L’obiettivo è dare al Paese una prospettiva chiara e un percorso verso la parità di genere e le pari opportunità, per tracciare con nitidezza un sistema di azioni politiche integrate in cui prenderanno vita iniziative concrete, definite e misurabili.
A questo proposito è stata elaborata la Certificazione per la Parità di Genere, il cui obiettivo è quello di favorire l’adozione di politiche per la parità di genere e per l’empowerment femminile a livello aziendale. Significa quindi di migliorare la possibilità per le donne di accedere al mercato del lavoro, di leadership e di armonizzazione dei tempi vita.
Sono 1.480, nel 2024, le aziende con il bollino blu dell’equità, secondo i dati del Dipartimento Pari opportunità, mentre a fine 2022 se ne contavano meno di 70. Lo stesso vale per i siti produttivi, gli impianti industriali o gli stabilimenti (3.838 contro 323). Insomma, il meccanismo che era partito all’inizio con qualche difficoltà ora è ben avviato.
Non possiamo però dare per realizzata la parità di genere ai vertici aziendali: nella metà delle imprese aziendali italiane, i ruoli dirigenziali continuano a parlare al maschile. Non solo, laddove le donne sono riuscite ad acquisire titoli manageriali, si trovano a gestire un numero inferiore di risorse rispetto ai colleghi maschi.
Questo non significa che non siano interessate a fare carriera. Gli ostacoli principali rimangono quelli legati alla conciliazione tra lavoro e attività di cura e la predominanza maschile nei ruoli chiave.
Certificazione per la Parità di Genere: come si ottiene
Il primo passo per intraprendere questo percorso e ottenere la Certificazione per la Parità di Genere è la redazione da parte dell’azienda di una dichiarazione, in cui vengono definite le caratteristiche paritarie dell’organizzazione aziendale: dalla diminuzione del pay gap, all’uguale possibilità di raggiungere delle posizioni di leadership e fare carriera.
La L. 161/2021 stabilisce quindi l’obbligo per le imprese con più di 50 dipendenti di redigere un rapporto sulla situazione dei lavoratori e delle lavoratrici. Il rapporto deve essere distinto per genere, categoria professionale, livello di inquadramento e tipologia contrattuale per poter attestare l’efficacia delle politiche e delle misure adottate dal datore di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione a opportunità di carriera, livelli retributivi a parità di mansione, politiche per la gestione delle differenze di genere e tutela della genitorialità.
Si tratta di una dichiarazione in grado di portare un valore aggiunto: dà lustro all’azienda e le fa guadagnare numerosi vantaggi. Al fine di promuovere l’adozione della certificazione della parità di genere da parte delle imprese, la Strategia Nazionale infatti prevede un principio di premialità che si realizza con l’introduzione di meccanismi di incentivazione, che vanno da un esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, ad un miglior posizionamento in graduatoria nei bandi per l’acquisizione di servizi e forniture.
Ma quali sono i passi concreti da compiere per ottenere la certificazione?
Data la complessità procedurale da affrontare, Resolve ha identificato 4 step per ottenere la certificazione.
Il primo riguarda l’identificazione dei processi, ovvero definire le priorità d’intervento e identificare quali sono i processi aziendali coinvolti attraverso una raccolta documentale relativa alle procedure.
Successivamente è fondamentale implementare il sistema di gestione che tenga conto di manuale e procedure necessarie per la conformità documentale, tecnica e gestionale richiesta per ottenere la Certificazione. Il tutto per poi monitorare gli indicatori richiesti dalla prassi:
- Recruiting
- Gestione carriera
- Equità salariale
- Genitorialità
- Work-life-Balance
- prevenzione abusi e molestie
Questo permetterà all’organizzazione di sviluppare una strategia di medio periodo sulle tematiche relative alla parità di genere, identificando delle azioni di miglioramento in ognuna delle aree individuate, anche in rapporto ai principi di rendicontazione non finanziaria emergenti a seguito della nuova direttiva UE CSRD.
Perché la parità di genere è importante per un’impresa?
Le disuguaglianze di genere portano a una mancata crescita e in una riduzione del valore per gli azionisti, esattamente come un Paese perde in innovazione, crescita e competitività.
Ottenere la certificazione per la parità di genere permette di ottenere un miglior posizionamento in graduatoria nei bandi per l’acquisizione di servizi e forniture, grazie all’assegnazione di un punteggio di premialità. Non solo, aumenta esponenzialmente l’Employer Branding: una migliore immagine aziendale sul mercato del lavoro affiancherà l’azienda nell’attrarre e trattenere talenti qualificati.
Il tutto converge nell’implementazione di un proprio percorso di Sostenibilità, in linea con l’Obiettivo 5 “Gender Equality” dei 17 SDGs: la certificazione, infatti, permetterà una più snella formalizzazione delle procedure su Diversity & Inclusion.